Verso un futuro sostenibile: la svolta inderogabile delle aziende italiane
In un mondo che cambia a ritmo serrato, dove l’eco delle crisi climatiche vibrano in ogni angolo, la sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità. Le aziende italiane, storicamente legate a tradizioni consolidate, stanno vivendo una trasformazione radicale, abbracciando modelli di business sostenibili e rispondendo alle sfide ambientali con coraggio e creatività.
Recenti dati emersi dall‘Italian Sustainability Report 2023, realizzato da Deloitte, evidenziano un cambiamento significativo nel settore: oltre il 70% delle aziende italiane ha integrato la sostenibilità nelle loro strategie di business. Non solo una risposta alle richieste di stakeholder e consumatori, ma una vera e propria spinta verso l’innovazione.
Le aziende stanno, infatti, riconoscendo che pratiche sostenibili possono tradursi in competitività, riduzione dei costi e creazione di valore a lungo termine.
Il nostro Belpaese, negli ultimi decenni sta affrontando delle sfide significative nel suo percorso verso la sostenibilità.
Questa era lo stato dell’arte due anni fa. Dalla fotografia emerge chiaramente che, pur mantenendo un buon livello di sostenibilità ambientale, il nostro paese paga lo scotto di performance economiche e sociali negative, raggiungendo, dunque, solo il 15mo posto (su 29 nazioni analizzate) per indice di sostenibilità generale.
Tra i fattori da considerare ci sono le emissioni di gas serra, l’uso delle risorse naturali, la biodiversità, la qualità dell’aria e dell’acqua, e la crescita green.
Analizziamo, però, i dati più recenti per avere un quadro chiaro della situazione.
Il “Rapporto sullo sviluppo sostenibile”, redatto quest’anno, mette in luce la complessità dei progressi verso gli obiettivi SDG.
Soltanto il 16% degli obiettivi è in linea con le aspettative per il 2030, sottolineando una stagnazione significativa a partire dal 2020.
Gli obiettivi legati alla fame zero (SDG 2), città sostenibili (SDG 11), vita sottomarina (SDG 14), vita terrestre (SDG 15), e pace e giustizia (SDG 16) mostrano le maggiori difficoltà.
L’Innovazione Sostenibile: Un motore di crescita
Una ricerca condotta da Eni e presentata nel “Rapporto sulla sostenibilità 2022” sottolinea come il 44% delle imprese italiane stia investendo in innovazione tecnologica per migliorare la propria efficienza energetica. Questo non è solo un numero, ma una testimonianza di un cambiamento culturale profondo. Attingendo alle risorse rinnovabili, molte aziende stanno trovando soluzioni alternative per ridurre l’impatto ambientale.
Prendiamo un esempio emblematico e virtuoso, quello del settore automobilistico: l’industria del veicolo elettrico sta emergendo come un campione di sostenibilità. Secondo il “Global EV Outlook 2023” dell’IEA, l’Italia ha registrato un aumento del 20% nelle vendite di veicoli elettrici nel 2022, un chiaro segnale che i consumatori sono pronti a supportare aziende che scelgono di investire in un futuro a basse emissioni.
La scala della responsabilità sociale
La responsabilità sociale sta diventando un pilastro imprescindibile per le aziende. I dati del “Rapporto annuale sulla responsabilità sociale d’impresa”, curato da CSR Europe, mostrano che il 50% delle aziende italiane ha adottato pratiche di governance sostenibile. Le aziende non si limitano a produrre; si prendono cura della comunità, dei lavoratori e dell’ambiente. A tal proposito, l’iniziativa “B Corp” ha visto un incremento del 30% di certificazioni in Italia nel corso dell’ultimo anno, un chiaro segnale che le imprese intendono misurare e migliorare il proprio impatto sociale e ambientale.
Nonostante questi progressi, le sfide rimangono.
Il “Green Economy Report 2023” di Symbola evidenzia come solo il 38% delle PMI italiane stia mettendo in campo strategie di sostenibilità a lungo termine. Qui, le opportunità di crescita sono immense, se consideriamo che l’83% dei consumatori ha dichiarato di essere disposto a pagare di più per prodotti sostenibili e di qualità.
Le aziende devono quindi abbandonare la mentalità a breve termine e investire nella ricerca e nello sviluppo di pratiche sostenibili, dal packaging ecologico alla gestione sostenibile della supply chain. È imperativo che il settore pubblico e privato collaborino per creare incentivi che incoraggino questo fondamentale allineamento con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’ONU.
La condivisione e la trasparenza sono essenziali. È tempo di abbandonare l’idea di sostenibilità come obbligo e vederla come un’opportunità per creare un legame emotivo con i consumatori. Stiamo vivendo un’epoca in cui la sostenibilità non è solo una moda: è una passerella verso un futuro possibile, un futuro in cui le aziende italiane possono non solo prosperare, ma anche ispirare.
La nuova norma. Conosciamola meglio. Di che si tratta?
Il 25 settembre scorso è entrato ufficialmente in vigore il decreto di recepimento italiano, D.Lgs. 2024/125.
Ma quali sono le realtà interessate dalla normativa?
Le imprese attualmente soggette alla direttiva NFRD sono:
Le imprese quotate, banche e assicurazioni con:
- numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 500
- totale dello stato patrimoniale: 25 milioni di euro
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 50 milioni di euro
Entrano dal 2026 le grandi imprese con:
- numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250
- totale dello stato patrimoniale: 25 milioni di euro
- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 50 milioni di euro
Dal 2027 sarà la volta delle piccole e medie imprese quotate (PMI), gli istituti di credito di piccole dimensioni non complessi e le imprese di assicurazioni e riassicurazione dipendenti da un Gruppo (“captive”) con:
• numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: non inferiore a 11 e non superiore a 250
• totale dello stato patrimoniale: superiore a 450 mila euro e inferiore a 25 milioni euro
• ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: superiore 900 mila euro e inferiore a 50 milioni euro
Solo dal 2029 toccherà alle società figlie e succursali di società madri extra-europee per le quali la capogruppo ha generato negli ultimi due esercizi consecutivi, e per ciascuno degli stessi, a livello di gruppo o, se non applicabile, a livello individuale, nel territorio dell’Unione, ricavi netti superiori a 150 milioni di euro e:
• un’impresa figlia soddisfa i requisiti dimensionali della CSRD
• una succursale ha generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente.
E chi rimane fuori solo per ora?
Non rientrano invece nell’ambito di applicazione le microimprese, le PMI non quotate e le cooperative di grandi dimensioni.
Il Decreto di recepimento italiano introduce poi altre importanti novità:
- la necessità di informare i lavoratori in merito alle informazioni sulla sostenibilità e dar loro modo di discuterne e comunicare i loro pareri eventuali all’organo amministrativo e di controllo,
- la necessità di avere specifiche ulteriori relativamente la relazione di sostenibilità delle imprese di paesi terzi, e specifiche ulteriori in tema di informazione al fine di garantire che queste siano fornite in conformità a quanto previsto dal decreto compete agli amministratori delle società.
Una sfida collettiva
La sostenibilità in Italia richiede uno sforzo congiunto da parte di istituzioni, imprese e cittadini. Investimenti in energie rinnovabili, mobilità sostenibile e pratiche agricole ecologiche sono fondamentali. Tuttavia, è cruciale supportare le regioni più vulnerabili per garantire una transizione giusta e inclusiva.
La strada verso la sostenibilità è lunga e impegnativa, ma con un’azione concertata e un impegno collettivo, l’Italia può aspirare a un futuro più verde e sostenibile.
Oggi, ciascuno di noi, dovrebbe soffermarsi a riflettere sul ruolo e sul potere che abbiamo di fare la differenza. Ogni azione che intraprendiamo, ogni scelta che facciamo, contribuisce a plasmare il futuro. Sfidiamoci a sognare in grande, a intraprendere vie nuove e a costruire un ambiente, uno Stato dove la sostenibilità non è solo un obiettivo ma una realtà condivisa.